ExtraDoc- Film Festival- MAXXI 2022
direttore Mario Sesti
Se Cechov, abbandonato il comfort sia pure decadente della tenuta estiva di Sorin, arriva al centro sociale dell’Intifada di Roma, i toni si scaldano e le relazioni si esplicitano in versione punk con toni teatrali convincenti, anche se a volte sopra le righe.
Appena evocato da un sanguinolento fagotto, abbandonato per terra a l’Intifada, archiviato come ormai desueto e improponibile simbolo di libertà e creatività dalla dominante indifferenza ecologica ma anche etica dei tempi, Il Gabbiano appare piuttosto come iconica rappresentazione di degrado ambientale dell’inadempiente raccolta rifiuti di Roma Capitale.
Il labirintico squallore degli enormi spazi vuoti della struttura fatiscente dell’Intifada, in rovinoso abbandono, non turbano la creatività del Gruppo attoriale, che anzi sembra trovare proprio in quello spazio, inedito guscio creativo, soluzioni alternative alla classica rappresentazione del testo e ben si prestano a far da eco al malessere esistenziale di madri figli amanti amici fratelli artisti e aspiranti tali.
I numerosi triangoli sentimentali ci sono tutti, in vertiginosa catastrofica evoluzione, sottolineata dall’intensa interpretazione del Cast che dichiara, collettivamente e simpaticamente intervistato da Mario Sesti, di aver coprodotto la lettura interpretativa del Testo, che ha saputo far suo, rinnovandolo in ironia e instabilità emotiva, attorno alla sottolineata banalità del vivere, intessuta dal sogno disatteso di amori eterni, della sconfitta della vecchiaia, dell’ambizione creativa, cosi ben rappresentata nel suo fluire da Cechov e ripreso nello spirito dal film di Marco Bellocchio del 1977, ricordato nella presentazione dal Direttore della Rassegna.