“…noi cantammo al di sopra,
ben al di sopra
della spina”.
da Salmo- Paul Celan
Poteva essere un feuilleton.
Presente la serialità tipica del romanzo di appendice: amori contrastati, adulterio, fughe, figlia del peccato, abbandoni, agnizione, guerra, eroe, disagio mentale, eroina chiusa in convento “saturo di depositi ormonali “, e persino lieto fine.
Poteva ricalcare l’andamento familiar/epico/poetico dei 9400 versi de La camera da letto di Bertolucci, è invece una innovativa e a tratti sconcertante prova letteraria di contenuto tagliente e di forma armonica.
La ricercata figuralità poetica si esprime a tutto campo nella scelta delle parole evocative, “semi sparsi come costellazioni”, ma anche nella scansione ritmica dei capitoli, accentuata dagli a capo, enfatizzata dagli spazi bianchi delle pagine che caratterizzano il progetto grafico.
Maria Grazia Calandrone, danneggiata di lungo corso, va oltre la volontà di risistemare le tessere del suo criptico puzzle biografico e avvia una riflessione sul femminile.
Perno l’enigma della maternità, tra accoglienza e abbandono, all’ombra del Disamore,che giunge inaspettato quando compare ” il serpe lanceolato e squamoso dello sconforto”, spesso nato da ” inezie dalle proporzioni colossali”, secondo il climax emotivo che spingeva le donne di Natalia Ginzburg a cadere nel pozzo.
La trama narrativa del libro si snoda nel tempo, tra avvenimenti epocali, che come tali hanno segnato tutti: Hiroscima, Chernobil, il terrorismo, il movimento studentesco, il Compromesso Storico, lo scioglimento del PCI, (Gulliver alle corde), dentro ai quali serpeggiano insoddisfazioni e aspirazioni individuali, affannosamente rincorse e costantemente sfuggenti, sull’onda musicale di indimenticabile repertorio musicale.
Il flusso ricapitolativo di Splendi come vita ha l’andamento veloce di chi quella storia la ha lungamente sofferta in fertile solitudine, come raccomandava Rilke, e può finalmente con leggerezza poetica, e persino humor, renderla pubblica, in un vero e proprio processo di riconoscimento del sè con l’altro, riflettendo e riflettendosi nelle sue madri ( ivi compresa a buon diritto la nonna al quadrato) in un itinerario squisitamente femminile.