“Everyone knows how this lifestyle is dangerous
But I love it the rush is amazing”
Lontano da qualsivoglia ipotesi turistica, moderatamente sedotto dal mito di Lawrence d’Arabia, poco portato a investigare assassini sul Nilo, Angelo Camerini ambienta il nucleo del suo secondo libro in Egitto.
Precisamente a Il Cairo, ove approda sulla duplice spinta di una agognata indipendenza economica e di una sorta di nomadismo di fondo, che ben si ricolllega all’attivismo predicato in pedagogia da Celestine Freinet, indiscusso ispiratore di pratiche pedagogiche mai abbandonate dall’autore.
Di Freinet certamente Angelo è stato scrupoloso discepolo fin da subito, sprezzante di quella “pedagogia della saliva“, ovvero di una tradizionale conduzione della classe, come possono testimoniare entusiasti alunne/i, attoniti genitori, perplessi dirigenti, spiritati familiari, titubanti amici del cuore.
Allevato da madre creativa, crociana e poi comunista, felicemente svezzato alla Leopardi, dotato di vitalità dinamica che non lo arresta davanti a qualsivoglia lavoretto, che lo possa far sentire organico alla classe operaia, nel libro ricorda di essersi improvvisato scaricatore ai mercati generali, fattorino per Natale da Trimani, con ritorni interessanti in termini di mance, autista spericolato ed ideologizzato per Lotta Continua, correttore di bozze a Paese sera, tipografo all’Unità, allora ancora sprovvista del più elementare know-how tecnologico,
Responsabile dell’esproprio della speranza di conseguire la maturità magistrale, per accedere all’insegnamento elementare, l’occhiuta commissione del Caetani di Roma, sfavorevolmente colpita dalla lunghezza delle chiome del candidato, per di più accessoriato di chitarra, con cui intendeva, in vilipeso spirito hippy, sostenere il colloquio.
Successivamente la grande occasione si presenta con un incarico per l’insegnamento all’estero: Africa! Ancorchè non quella più nera, tipo Botwana, da lui prediletta, già vissuta e oggetto del suo libro precedente.
Con entusiasmo travolgente, ecco il nostro éducateur prolétarien sorvolare il Mediterraneo, in veste (Bassetti) di lavoratore intellettuale, regolarmente stipendiato con possibilità di accumulo di punti e con immancabile chitarra.
Con proporzionalità inversa alle aspettative, eccolo subito entrare in un loop sfavorevolmente noto, orchestrato dalla scaltra direttrice suor Teresa, che lo impacchetta e spedisce ipso facto in un cantiere edile sul canale di Suez, per una classetta costituita dai figli dei lavoratori dell’impresa italiana là impegnata, elevandolo al rango di professore delle medie, e garantendo, con sovrana spregiudicatezza, intinta di carità cristiana, una falsa certificazione di servizio a fronte di pochi soldi e molti disagi,
Paesi che vai, italiani ( belli ) che trovi, Marisa e Fabio, generosi anfitrioni che gli apriranno casa, lo metteranno a parte delle bellezze e miserie del posto, dei paesaggi densi di valori antropologici estetici storici; gli operai sardi stretti dalla necessità di mandar soldi a casa, poco inclini a capire spese di viaggi, massimo a Parigi, dove però lo porta Anna, amour fou del momento; a Senigallia, suo mondo di elezione, sciaguratamente “venduta al turismo e ai bottegai“, ma sempre patria di Leo, estroverso personaggio, maestro di scuola e di vita, nonchè estensore di un giornale murale scritto con morbido pennarello, ma dura contestazione al PC locale.
Senigallia, di sonnolenta magmatica vitalità, detta belle pagine dedicate a Vivina, indispensabile tuttofare di geniale praticità, equamente divisa tra allevar figli di pretori e preparar passata di pomodori, cui il nostro deve l’investitura di re della kesa ( re della casa) per diritto di primogenitura, ancora in uso a Città di Sant’Angelo.
Un Angelo Camerini freewheelin, a ruota libera, per parafrasare Bob Dylan.
Con incoercibile tendenza a oltrepassare il senso del limite, a spendersi con indomita generosità, il nostro Maestro d’Egitto non sfugge al fascino della “lezione passeggiata”, pilastro pedagogico della École Freinet, indispensabile nesso tra scuola e vita.
Sempre che non si sottovalutino distanze e strade nel deserto, sogni premonitori e aperti dissensi della direzione, e, ancor più, spirito calcistico dei piccoli alunni, prevalente sugli interessi archeologici relativi alla visita della mastaba, e determinante nel far saltare, nell’ordine, orari di rientro, nervi dei genitori, disappunto della direzione.
Triste cartina di tornasole per l’epilogo dell’esperienza africana, che lo vede, beffato dalla burocrazia e da una precipitosa domanda di dimissioni (strategia già perdente ai tempi di Paese Sera) condividere il motto di Samuel Beckett: “Fallire ancora, fallire meglio!”.
Con stile spontaneo e diretto, Camerini mette in scena idee radicali sugli squilibri del mondo, il dissesto ecologico, le ingiustizie di classe, senza seguire un approccio cronologico ma lasciandosi guidare da una logica personale, da cui emerge forte e costante la dimensione biografica, all’insegna di una ricerca di leggerezza di scrittura e di tono, che piacevolmente caratterizza il memoir.
2 thoughts on “Maestro d’Egitto – Angelo Camerini”
Domina non sum digno
ahahaha!