In controtendenza con i ritmi veloci ibridi intessuti di esperienze concrete, rigorosamente dietro l’angolo, anzi no, nell’angolo di casa propria, preferibilmente periferica, con esplicito attestato di autoreferenzialità, arriva al Premio Strega 2019, il romanzo-romanzo di Eleonora Marangoni.
Lontana da velleità sperimentali sembra condividere il pensiero di Manganelli per il quale ” la Letteratura non interpreta, non documenta, la Letteratura ride, con la sua inutile necessità”.
Nel declino del romanzo umanistico di stampo novecentesco, messo alle corde dal trionfo dei linguaggi audiovisivi, con i loro ritmi veloci, il linguaggio approssimativo dei reality, gli stereotipi narrativi della rete e la bulimica voglia di narrarsi dei social, Lux, con la sua raffinata aria novecentesca, appare un prodotto di nicchia di grande padronanza formale.
Fedele al motto di Vladimir Jankélévitch :
” Ciò che non si vede è come se non ci fosse”,
la Marangoni offre al lettore una dovizia di particolari che rendono visibile l’invisibile, e persino l’improbabile.
Una storia che nasce in un passato, passato quanto basta per giustificare salotti, plichi, buste azzurrine, dettagli di abbigliamento, isole lontane, un protagonista che ” volendo avrebbe potuto vivere senza lavorare”, cosa che diciamo non lo rende immediatamente simpatico e contemporaneo.
Thomas G. Edwards, tra i tanti beni di famiglia ereditati, si troverà alle prese con una fonte di acqua minerale, situata in un indeterminato sud d’Italia, da raggiungere e monetizzare al meglio, secondo il sano spirito imprenditoriale della classe di appartenenza ( suo malgrado innato). Circostanza che lo metterà a contatto con un variegato gruppo di persone e situazioni inedite, che consentono alla penna dell’Autrice di declinare in freschezza moduli narrativi classici, come ben evidenziato da Sandra Petrignani, intervenuta alla presentazione del libro, alla Casa delle Letterature, proposto alla Commissione del Premio Strega da Pierluigi Battista.