Con buona pace di Böcklin e degli amanti della necropittura, Danilo Eccher curatore della mostra, offre una gioiosa via d’uscita dai dicktat penitenziali imposti da una certa retorica di stampo serioso spinto, capace di negare persino l’evidenza storica del colorismo dell’Ara Pacis in nome di un algido classicismo.
Nell’ampia e ricca presentazione, Eccher ha indicato Marcel Duchamp come il grande eversore e teorizzatore dell’arte sorridente, capace di narrare attraverso l’ironia il vissuto individuale e collettivo.
Ma se è vero che la ruota di Duchamp travolse il concetto di arte piagnona e sdoganò il valore della gaiezza, aprendo alla Pop Art, tuttavia, anche in tempi di rigide committenze papali e trionfo di puntuto perbenismo, grandi artisti di ogni tempo hanno anticipato il valore della rappresentazione giocosa.
Basta pensare alle psichedeliche creature di Hieronymus Bosch, all’impeto fantastico degli omini di Pieter Bruegel, ai putti irriverenti dei Carracci , agli ebrei volanti di Marc Chagall, tanto per citarne alcuni.
Enjoy esplicita nel titolo la sua dimensione voluttuosamente ludica, sottolineata dalla travolgente Risata continua (D’io), in realtà del fratello di Gino De Dominicis.
Michael Lin ha declinato il tema della Mostra invadendo l’austero splendore del Chiostro con le incantevoli tavole dell’installazione site-specific, in grado di restituire al portico antiche profumate frescure in chiave pop.
La centralità del gioco, serio apporto alla formazione della personalità, unitamente alle teorie sull’origine dell’arte dello psicologo evoluzionista Geoffrey Miller, hanno ispirato a Mat Collishaw The centrifugal Soul, affascinante zootropio che non ci si stanca di guardare.
Il favoloso labirinto di Leandro Erlich invita a perdersi in un gioco disorientante di specchi e a vivere l’emozione dell’incertezza spaziale.
Tony Oursler gioca pesante con l’occhiuta installazione Obscura, sufficientemente inquietante per via della selva di pupille che mettono a nudo lo spettatore.
In caravaggesco mood, i rimasugli della gigantesca torta di Hans Op De Beeck, che così rappresenta il suo memento mori denunciando inequivocabilmente che la festa è finita.
Martin Creed annega malinconie ed eventuali paturnie nel mare dei palloncini rossi dell’installazione site specific, ove il fanciullino, che non pensavate fosse più in voi , vi sorprenderà con inusitata vivacità.
Vero omaggio alla poeticità della tecnologia, Flowers and people di teamLab che ricrea l’emozione dell’atto creativo e lo stupore dell’avvicendarsi delle stagioni, coinvolgendo i presenti in un’esperienza collettiva ed immersiva, che riprende, esaltandolo, il valore dell’interazione tra opera d’arte e fruitore, suggerita dall’elegantissimo Grande mobile rosso di Calder, in apertura del ricco percorso espositivo.