Succede che Lisa Monna, insegnante dal 1982 di Storia della Musica all’Accademia Nazionale di Danza, a Roma, decide di dar libero flusso alla sua creatività vivace e limpida.
Risultato dell’appassionato processo di ricerca e inedito assemblaggio di oggetti raccolti nel corso degli anni, tra i mille impegni professionali, sono favole che, nel loro enigmatico proporsi, invitano ognuno a pescare nei fondali della memoria e delle suggestioni.
Si assorbe per osmosi il poetico incanto orchestrale delle piccole creazioni che Lisa Monna, già attenta regista e autrice teatrale, mette in scena, negando l’ovvio e promuovendo l’improbabile, in capricciosissimi divertissements che coniugano sogno e pragma, suggestioni orientali e richiami occidentali, in delicata eleganza visionaria, per dirla con Calvino.
Onnipresenti cloisonnés forse giunte dalla Beijing Enamel factory di Pechino o più probabilmente trovate su domestici banchetti o avventurosamente in giro per il mondo, ostentano ed affermano il loro smaltato splendore, esaltato da supporti rigorosamente scuri di feltro o ceramica.
All’occasione persino di polistirolo, come nella dichiarata custodia di celebre champagne, improvvisato supporto di un raccoglioggetti, a sottolineare con fine ironia il valore del riuso e la doverosa riconcettualizzazione dei termini di ricchezza e povertà, imposta dai Tempi e appassionatamente suggerita da un inascoltato Serge Latouche.
Compositrice di brevi lavori musicali da lei chiamati melogrammi, anche in questa produzione Lisa Monna punta sulla lievità dei suoi microuniversi, misti di fantasia e provocazione, soprattutto nel momento in cui rivendica un utilizzo pratico delle composizioni, non alieno dal richiamo tutto Bauhaus di unione tra tecnica ed arte.
Spesso esilarante l’intreccio tra manufatto e didascalia: rigore da spartito musicale e scapigliato humor, inanellati in serrate associazioni e dissociazioni, strette in una rete di relazioni tutte da scoprire.
Vedi l’albero porta orecchini, ove una Minerva di poche parole affida inequivocabili segnali di domestica pace o guerra al gesto di infilare o sfilare l’elmo dalla testa della civetta.
In festa i circuiti neuronali degli spettatori.
Il vernissage si è tenuto nella sede della Emmebifactory, fondata dall’artista nel 2002 con il musicista Mauro Bagella e l’artista Donatella Vici