Anche Lucila de María del Perpetuo Socorro Godoy Alcayaga adottò uno pseudonimo, Gabriela Mistral e vinse il premio Nobel nel ’45.
Si dirà, si era nel secolo scorso, si ignorava la forza del presenzialismo, la necessità dei giri promozionali, la comparsata da Fazio, le logiche premiali, ed era anche diverso il concetto di “invisibilità della donna”. Invece no, dal 1992, con l’uscita de L’amore molesto, sotto lo pseudonimo di Elena Ferrante, un fantasma fedele al suo progetto letterario, miete successi di pubblico e premi di critica, ed ora è tra i finalisti della sessantanovesima edizione dello Strega, con l’illustre endorsement di Roberto Saviano.
Nelle intenzioni della scrittora è dichiarato il fine inedito di far correre la sua produzione su gambe autonome, che non abbiano bisogno della foto col gatto in copertina, ma la scelta dell’anonimato appare ad un numero crescente di persone una strategia di marketing volta ad alzare artatamente il livello dell’attenzione.
Può essere.
Certo è che della Ferrante e dei suoi (dis)estimatori si (s)parla anche su Dagospia, che arriva a rimpiangere “gli «sporchi» Strega del passato”.
Il chiacchericcio paga più della lettura, attività notoriamete faticosa e di scarsa visibilità.
A dar corpo alle microaggressioni sessiste ( v. D.W. Sue “Microagressions in Everyday Life”) ci pensa, sul Corriere della Sera, anche Sebastiano Vassalli, assai malmostoso nell’ipotizzare dietro l’anonimato una “donnarella tremebonda” (espressione che fa giustamente prender la penna indignata a Loredana Lipperini) o un “sollevatore di pesi” (categoria a difesa della quale nessuno è insorto).
Intanto fedele all’assunto, sostenuto già una decina di anni fa in La frantumaglia, che i libri devono essere “organismi autosufficienti” la scrittora autoconserva il suo privato e lascia divertita (?) alle illazioni la sua identità.
Le voci si rincorrono: sarà Starnone, la di lui moglie, l’Editore, decine di gostwriters, altro….
Con virtuosistico humor Giulio Mozzi sta al gioco e raccoglie voci diffuse e inedite.
La più divertente:
“Una volta all’anno gli scrittori italiani – i soli maschi – si ritrovano in un’osteria di Amburgo, e lì se le danno di santa ragione, andandoci pesanti, fregandosene dell’eleganza.
Il vincitore riceve dall’oste un plico contenente un dattiloscritto, e un documento da controfirmare nel quale si impegna a pubblicarlo con il nome di Elena Ferrante, a non rivelare nulla, eccetera eccetera.
L’autore del romanzo contenuto nel dattiloscritto è l’oste, e tutti gli scrittori lo rispettano”.
Ma anche:
“Il nome “Elena Ferrante” non corrisponde a una persona precisa. L’azienda che fornisce i testi all’editore impiega una cinquantina di collaboratori a progetto, pagati malissimo.
(I collaboratori a progetto non sanno di essere Elena Ferrante: loro lavorano su singole frasi, o brevi stringhe di testo; il lavoro di mettere insieme i romanzi è fatto da un software prodotto in Austria)”.
Riuscirà Il Comitato direttivo del Premio a sconfiggere il gossip tinto di maschilismo subdolo a favore della Narrazione?
One thought on “La scrittrice geniale, Elena Ferrante”
Quanti pettegolezzi! Per quanto mi riguarda ho letto la quadrilogia anzi l’ho divorata senza farmi domande sull’autrice autore? Ho apprezzato la storia la bella scrittura l’empatia femminile. E quasi quasi me la rileggo! 😉