Le spettacolari immagini che Samantha Cristoforetti, astronauticamente con la testa tra le nuvole, invia a chi, obtorto collo, vive con i piedi per terra, suonano come una devota dichiarazione d’amore, cui il popolo dei suoi fans non manca di unirsi con entusiamo affettuosamente caparbio.
Magnifico simbolo del viaggiare, del cambiamento, del ricercare piacciono a tutti:
– a chi dannunzianamente le ama in forma di groppi temporaleschi,
– agli immancabili pessimisti cui non sfugge, come a Remarque, il cinismo cosmico (” non riuscivo a comprendere come quella nuvola potesse stare così bella e indifferente in cielo”);
– a chi non senza un bel tocco di retorica dichiara con Linati ” Vò come nube sulle braccia di un dio leggero”,
– ai devoti della fantascienza e dei cataclismici romanzi di
Ted Thomas/Kate Wilhelm (Year of the cloud),
– a chi coltiva la poetica leggerezza di Aristofane e con lui percorre meravigliosi tappeti celesti,
– ai filosofi che preferiscono le astrazioni,
– agli esteti e alle loro calligrafiche proiezioni,
– ai meteorologi di turno,
– agli autostoppisti galattici (of course…)
Piacciono proprio a tutti.
Sarà perchè i più di noi vivono incastrati in congestionate città che ci hanno rubato il contatto con la Natura, sarà perchè la vitalistica volubilità delle nuvole si offre liberamente all’interpretazione del capitano d’industria di Milano come alla casalinga di Voghera, sarà perchè la loro continua metamorfosi cosmica offre spunti di personale riflessione alla professionista del nord come al venditore d’erbe del sud.
Sarà perchè, diciamocelo, non occorre essere Pessoa per cogliere nelle loro forme castelli incantati, draghi, fiori, soufflè, angeli, demoni….e se nella Bibbia sono il trono di Dio, per De Andrè “prendono la forma dell’airone o della pecora o di qualche altra bestia” e ci fanno sognare un bel pò assai.