Lagioia con il suo nuovo romanzo La Ferocia batte un sentiero che non si limita al noir di nobile ascendenza faulkneriana, ma, senza mettere il silenziatore alla rappresentazione del drammatico complesso continente che è la Puglia (e non solo), si apre alla società vivente di Morin ed attualizza con efficacia narrativa ed eleganza di stile il shakespeariano “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni”
Vedasi cap. 1°, ove dopo leopardiana pallida luna sulla statale alle due del mattino, carveriana stazione di servizio, apre su inaspettati comprimari allocchi insetti grilli falene gatti….
“Gli allocchi tracciavano nell’aria lunghe linee oblique. Planavano fino a sbattere le ali a pochi palmi dal suolo, in modo che gli insetti, spaventati dalla tempesta di arbusti e foglie morte, venissero allo scoperto decretando la propria stessa fine. Un grillo disallineava le antenne su una foglia di gelsomino. E impalpabile, tutt’intorno, simile a una grande marea sospesa nel vuoto, una flotta di falene si muoveva nella luce polarizzata della volta celeste. …..
un’ossessiva danza circolare che solo la morte poteva interrompere”..
Belli-ssi-mo, ed è solo l’incipit.