Non c’è Xanax che tenga quando non ti resta che una Kelly e qualche impalpabile golfino ultrachic per traslocare da lussuosa dimora in Park Avenue all’appartamentino proletario di tua sorella, quintessenza di tutto ciò che disprezzi.
Ma anche di tutto ciò che ti resta.
In giacchetta Chanel, con bagaglio rigorosamente Vuitton, a testimonianza di passate opulente raffinatezze, Jasmine è costretta a rifugiarsi presso una sorella di cui è l’esatta antitesi per DNA, qualità fisiche e scelte di vita.
Comincia così tra tic, compulsivi Martini e torrenziali monologhi l’ultimo capitolo della vicenda umana di Jasmine, nuova povera, annichilita dalla perdita dell’edenica situazione economica nella quale, in opportunistica connivenza col marito, viveva beatamente, all’insegna del mantra Nonvedo Nonsento Nonparlo.
Mai Allen era stato così incisivo e drammatico nello storicizzare la nevrosi contemporanea, calandosi a capofitto nelle famiglie al tempo della new economy, cogliendo il disagio di adulti e bambini, donne e uomini, ricchi e poveri, con linguaggio lucido e drammatico, senza perder in amara ironia.
Con grottesca puntualità e tenacia di regia, Allen accompagna Jasmine, straordinaria Cate Blanchett, nel suo trasloco da New York a S. Francisco, da uno status (non solo geografico) all’altro e ne fa l’emblema della decadenza di una società, in schizofrenica ricerca di benessere.