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Piccole storie di Eugenio Giudici.

2013/06/08 - Letteratura di: MG Colombo
Piccole storie di Eugenio Giudici.

C’è Camera Picta e camera picta.

Se persino in quella del marchese di Mantova, gloriosamente affrescata da Mantegna, sotto alla colta superficie si increspano più domestiche pulsioni, irriverenti gesti e interrogativi, ipotizzati nello scanzonato Prologo, immaginate in quella di Eugenio Giudici, che mette in scena il suo minimalista pantheon.

Rho (Mi, Italy) anni ’50

Scordatevi il condominio parigino di Perec, ove con cartesiana geometrica precisione si intrecciavano le vite degli inquilini, e sostituitelo con uno spaccato popolare, affollato da quelliche… lepastarelledomenicali di un’Italia non ancora travolta dall’omologazione culturale, dal trash televisivo, dal grand guignol cinematografico, dalla frequentazione dei megacentri commerciali, dove le persone si conoscevano per nome e, più spesso, per soprannome.

Chi legge sa di cosa parlo o per esperienza diretta o per documentazione mediatica.

Tra autobiografismo rinnegato e realismo immaginario, con estro acrobatico, Eugenio Giudici, ragazzo nei ’70, occhi e cuore spalancati sul mondo, ricostruisce un ironico imperdibile amarcord e squaderna i dinamismi che tengono insieme le tessere del suo puzzle narrativo.

 Il ventaglio temporale del libro si apre nel 1954 tra spalettate di gelato, piatti poveri, sgangherate Bianchi da viaggio, spennapolli innamorati di nane, muratori creativi, artisti sfortunati, piloni del rugby, fascisti, comunisti, preti, puttane, attrazioni da circo, tali solo per il colore della pelle!!!! (secoli alla Bossi-Fini).

E avanti così fino al divertito organigramma del movimento studentesco, frazionato ma tenuto insieme dalla passione per Dario Fo, oltre che dal ferreo servizio d’ordine dei Katanga, neanche loro insensibili ai mitici panini extraparlamentari di Strippoli.

 Centri vitali di felliniana pittorica grazia, nella dialettica tra realtà e finzione di Giudici, l’osteria, il circo, il casino, i “nait”, la trattoria di Clelia con i suoi stuzzichi, quella del barbiere Iser, la bottega del corniciaio, l’immaginifica cucina del muratore innamorato, sono straripanti contenitori di storie, che, se la discrezione teneva nascoste, l’intuizione popolare faceva esplodere in fuochi d’artificio di chiacchere, equamente impastate di solidarietà e arguzia.

Non mancano sullo sfondo iconici personaggi capaci di influenzare anche le periferie del mondo, stravolgerne le abitudini, innescare passioni, svelare pulsioni, come i Beatles, Mary Quant, benedetta per quella sforbiciata alle gonne; Mario Capanna, Marlon Brando in sconvolgente cinematografico afrore, la Merlin, Matteotti, Malraux, Carlo Rosselli, Chaim Soutine, Wilma Montesi, infelice vittima di efferato femminicidio d’antan.

Contestualizzano e vivacizzano la qualità prospettica delle microstorie di Giudici, le scelte linguistiche a.C. (“C” nel senso di catodico, ante tubo catodico), ignare di politically correct (nel senso che un culo è un culo, un negro è un negro), responsabili del clima di contagiosa vivacità, che pervade il libro in rapide pennellate o in sapide descrizioni, fossero per l’inaudita perizia di Cu de goma, per il menù agli uselitt scappàa, per un esuberante mosaico di piastrelle.

“Piccole storie” elude la trappola insidiosa della nostalgia fine a se stessa, per il neorealistico piglio con cui suggerisce la visione di un mondo all’oscuro di spread e bancomat, non da vagheggiare ma da tener come bussola, in un momento storico come questo, quando l’ombra inquietante della Restaurazione si allunga su un Paese che (r)esiste e (ri)cerca il suo profilo identitario, anche ascoltando piccole storie senza enfasi.

Tipo queste di Eugenio Giudici, appunto.

 “Piccole storie” di Eugenio Giudici, finalista della XXV edizione del Premio Calvino. ed. Antigone (collana Transizioni)

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5 thoughts on “Piccole storie di Eugenio Giudici.

nicole

magico riassunto! ho letto il libro ed è proprio così!

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Eugenio Giudici

Essere capiti è una cosa fantastica, in fondo è quello che vogliamo tutti. Magico ha colto lo spirito di Piccole storie ma anche presupposti e sfumature lievi; questo mi fa bene.
Se ora indorassi delle giuste lodi il critico parrebbe che lo facessi pro domo mea, perciò mi astengo ma le penso. Qualcuno mi ha detto che il suo pezzo fa venir voglia di leggere il mio libro. Che meraviglia!
Mi auguro quindi che la sua lettura possa dare un buon momento anche a coloro che non hanno mangiato i panini di Strippoli.
Eugenio Giudici

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Antonella

Una recensione che fa nascere un’ingordigia letteraria tale da far pensare “Questo libro mi manca!”

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Gianna Coletti

Condivido totalmente quella critica meravigliosa che ho appena letto. E’ un libro che ti accompagna durante la giornata. Sei dal parrucchiere, lo tiri fuori e lo leggi, in tram, in sala d’attesa mentre sei dal dottore, appena hai un momento libero non puoi fare a meno di continuare a vivere quelle piccole storie. A me ha fatto molta compagnia. Buona lettura.

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lisa

Ottimo, articolo davvero interessante, era proprio quello che cercavo! Grazie per lo spunto!

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