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Lincoln by Spielberg

2013/02/13 - Cinema di: MG Colombo
Lincoln by Spielberg

Con il diffuso giustificato sentimento di insofferenza verso l’urticante politica che ci affligge, questo Lincoln costituisce un’esperienza etica prima ancora che artistica.

La personalità in questione, nelle lucide analisi, nelle coerenti scelte, nella capacità argomentativa, nell’assunzione di responsabilità innesca una spontanea grande risonanza emotiva nello spettatore.

Come nel libro di Doris Dearn, intitolato Terms of Rivals: The Political Genius of Abraham Lincoln, si parte dall’atrocità della guerra di secessione americana per passare alla rappresentazione dello spregiudicato dibattito parlamentare incentrato sul tredicesimo emendamento.

L’ottima interpretazione di Daniel Day-Lewis, ritratto secondo l’iconografia tradizionale, quasi scultoreo nella sua fisicità, ben rende le luci e le ombre del personaggio, nella sostanziale solitudine nella quale si mosse rispetto al nodo dell’approvazione del tredicesimo emendamento, quello che avrebbe abolito legalmente la schiavitù.

L’energia psichica e politica del personaggio Abraham, colto negli ultimi mesi di vita, si articola nei discorsi nelle osservazioni nelle strategie spesso in contrapposizione alla forza solo emotiva dei comprimari, quando, nel gennaio del 1865, coniugando una lungimirante intuizione socio-politica ad un solido pragmatismo di stampo machiavellico, riuscì a far passare al Congresso il Tredicesimo Emendamento alla Costituzione.

E’ il trionfo del Verbo sui parolai, che porta all’inesorabile ridicolizzazione dei medesimi, nella lucida disanima del clan del Presidente, primo fra tutti un sempre straordinario Tommy Lee Jones, nelle vesti di Thaddeus Stevens, capo della minoranza radicale dei repubblicani, ancora più convinto sostenitore di Lincoln dell’eguaglianza naturale degli uomini, per motivi anche privati.

Il mitologico racconto di Spielberg si avvale di splendide fotografie, che rendono minuziosamente l’atmosfera del tempo e la sua irrimediabile lontananza.

Non si rimpiangono neanche le crinoline di Via col vento, qui portate con grande disinvoltura, nonostante il giro vita non più perfettissimo, da Sally Field ed ideate da Joanna Johnston, candidata all’Oscar di questa 85° edizione.

La trappola della retorica è attentamente evitata anche nella scelta di far congedare il Presidente prima dell’assassinio, con una frase di quasi visionaria preveggenza:

“Devo andare, adesso. Ma mi piacerebbe restare”.

Purtroppo la versione italiana è compromessa da un doppiaggio alquanto fastidioso per non dire imbarazzante (confrontare l’originale).

 http://movies.yahoo.com/movie/lincoln/

 

 

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