Alessandra Fiori, generazione TQ, affida la sua vivace penna di scrittrice emergente alla narrazione di eventi, che la scientifica dilapidazione del bene pubblico da parte della attuale classe politica, con inaudite forme di arroganza, fa impallidire, pur senza ridimensionarne il catastrofico portato.
Con qualche malinconia e persino narcisistica compiacenza, ha buttato giù, con giovanile e disinvolto parentale affetto, il romanzo criminale della politica italiana anni ’60 e dintorni, riportato all’attualità con l’immersione travolgente che, (dichiara lei), eventi personali le consentono di riesumare dall’album dei ricordi familiari.
Poca cosa i pacchi-dono natalizi, sempre più numerosi ad ostruire il corridoio di casa, emblema di crescente peso politico, rispetto agli spaghetti al caviale, alle terme, ai viaggi, ma anche al barattolo di Nutella, pagato dai contribuenti di oggi.
Non per questo il popolo dei «…brutti, unti, grassi, con le giacche a quadri e la camicia stropicciata» appare meno colpevole e colluso, nonostante l’accattivante narrazione tipo commedia all’italiana.
La voglia di Alessandra Fiori di porsi al Mondo Letterario con questo romanzo incentrato sulle grottesche vicende della Dc, entusiasma Dagospia, che riporta l’encomio di Filippo Ceccarelli uscito su Repubblica.
Non meno elettrizzata Barbara Alberti, nella doppia veste di critica e zia dell’Autrice.
Ora, in un momento in cui si discute di Impresentabili da allontanare dalle liste elettorali, per danni inauditi all’erario pubblico e più ancora all’etica nazionale, può apparire persino patetico il Claudio Bucci del romanzo.
Alessandra Fiori, lo segue sull’otto volante del potere, tra cessi e caciotte, in un’ infilata di grottesche vicende, che portano l’agguerrito democristo dal niente di Fiano Romano alla Roma del potere, dai palchi di periferia agli scranni del Parlamento, prima come consigliere regionale, poi onorevole, sottosegretario, ministro DC, e, finita la festa, (qualche volta succede), di nuovo nella polvere di Fiano.
Quale urgenza abbia spinto e/o a dare alle stampe questo Il cielo è dei potenti resta inspiegabile, non valendo, in tempi di intercettazioni telefoniche e malcostume- intemporeale, la considerazione di Filippo Ceccarelli sulla validità del “romanzo parlamentare”, illustre genere letterario coltivato da De Roberto, Guerrazzi, Castelnuovo, Matilde Serao, Barrili, “senza i quali assai meno si saprebbe della vita politica di fine ottocento”
Comunque i cultori della democristologia e i nostalgici della saga politica, che va da Emilio Colombo, Licio Gelli, Donat-Cattin a Fini, troveranno un vivace quadro dell’epoca con la straordinaria frase andreottiana ad epigrafe del tutto:
” Mi restano molti bei ricordi, pochi rimorsi, qualche rimpianto”
In questo sì,così attuale Claudio Bucci. Senza vergogna.
Le colpe dei genitori non devono ricadere sui figli, ma i lettori che c’entrano?