Hyde Park on Hudson val bene un hot dog.
Noia abissale e insofferenza crescente per le modeste domestiche performances sessuali del Presidente Franklin Delano Roosevelt (altro glamour i Kennedy!!)
Pinzellacchere per gente come noi assuefatta a pifferi nazionali.
Veniamo al film.
Sufficientemente sconosciuta per affidare al suo diario, ricordi e romanticherie, Daisy Suckley offre il destro a Roger Michell per rievocare la liason tra lei e il lontano cugino presidente Roosevelt, con singolare inclinazione verso le parenti, verrebbe da osservare, visto che anche Eleanor, la moglie, era sua cugina.
Nel corso del film da palese e patetica polverosa signorina, Daisy Suckley si trasforma in agguerrita rivale di moglie e amanti del gerontocratico Presidente, che tra un bicchiere e l’altro, getta la maschera dell’affabilità parentale e appena può allunga le mani.
Accade che nel lontanissimo giugno 1939, i reali inglesi, in cerca di sostegno politico per l’imminente guerra, fossero ospiti del Presidente americano nella casa di Hyde Park on Hudson.
Con provinciale imbarazzo, dubbi sull’etichetta, servizi da tavola spaiati, domestici sbadati, pragmatica elasticità yankee, tinta anche da qualche provocazione, i Roosevelt assolvono ai loro doveri di ospitalità.
La “Grande Alleanza” con il Regno Unito nasce nel film da una sintonia tra i due personaggi colpiti da umane debolezze e handicaps, all’insegna di una sana notturna bevuta.
Giorgio VI più balbuziente del solito, oppresso dallo snobismo insopportabile della moglie verso gli hot dog, offerti con disinvolta semplicità, trova un confidente, al di fuori del protocollo, nel Presidente, non meno succube di domestiche sevizie, alle prese con le donne della sua vita.
Davvero non poche se si contano segretarie, cugine, madre invadente, per non parlare della moglie in pole position, nonostante le sue incertezze tra creative donne compagne e l’aitante Joseph Lash, figlio di ebrei russi e leader della gioventù comunista americana, spedito da Roosevelt, solo nel 1943, a combattere nel Pacifico contro i giapponesi.
Non si rischia di esagerare a sottolineare quanto la romantica ambientazione del film tra sterminati campi di grano, foreste maestose, cottages, magioni in aristocratica fatiscenza non vale a togliere l’irritante atmosfera da pochade.
Azzerato lo spessore politico di Franklin Delano Roosevelt, autore di quel Social Security Act che, se vi par poco, introdusse negli Stati Uniti d’America l’assistenza sociale e le indennità di disoccupazione, malattia e vecchiaia, non se ne recupera neanche la dimensione umana.
“In un’epoca in cui si potevano ancora preservare i segreti. Questo era il mio segreto” says Daisy Suckley.
Sarebbe stato meglio che rimanesse tale.
http://archiviostorico.corriere.it/2000/settembre/06/Eleanor_Roosevelt_vizietti_una_first_co_0_0009066195.shtml
One thought on “A Royal Weekend by Roger Michell.”
Ottima recensione, ne avevano parlato male, ma tu mi hai convinto perché la tua analisi scaturisce da una passione per il cinema che ti permette di dire che, quando non hai a disposizione un buon testo, malgrado le belle ambientazioni e i bravi attori , è meglio lasciar perdere.
Elisabetta