Con la felice versatilità cui ci ha abituato, Melania Mazzucco passa dal reducismo drammatico di Manuela Paris, protagonista di Limbo, alla sognante cosmogonia canina de Il bassotto e la Regina.
Pelo duro,coda a pennello, il bassotto Platone passa le sue giornate filosofeggiando con canina attitudine, con lo sguardo perso oltre la ringhiera dell’appartamentino del suo padrone Yuri, studente di filosofia (hai capito il perchè di quel nome, a sostituire un poco accademico Gongolo??’).
Epigono dell’indimenticabile Flush della Woolf, profondo conoscitore della psicologia degli umani, attrezzato a sintonizzarsi con i suoi simili, Platone è involontaria vittima dell’innamoramento del suo padrone che, per inseguire l’amata in crociera, si trova nella necessità di affidarlo al portiere per il periodo della sua assenza.
Lasciato solo come un cane (espressione politicamente corretta?), a Natale, con l’atteggiamento speculativo che ha simbioticamente mutuato dal suo padrone, Platone riflette e indaga su movimenti sospetti che coglie nel sotterraneo del palazzo.
In un mondo di spinta mercificazione che non si arresta davanti a niente, viene fuori un bieco traffico di clandestina importazione di animali, che il bassotto eroicamente sventa sull’onda di un coup de foudre degno del migliore melò, guadagnandosi il titolo di “cane dell’anno” (è una favola…).
Galeotta una levriera afghana, cucciola di irresistibile bellezza: vederla, innamorarsene per la vita, impegnarsi per la sua liberazione e, perchè noooo??, per una possibile liaison, a prescindere da taglia e pedigree, è un tuttuno.
Ci sarà un encomio pubblico per il cane coraggioso ma il caso traffica per complicar le cose, allontanando la levriera di sovracanina bellezza che infatti, nel corso della favola, sarà insignita del titolo di Canepiùbellodelmondo,
Ma Regina non è una bella senza anima e niente le da la felicità intravista nella relazione con l’indimenticato bassotto bellodentro e depositario di valori forti.
Sarà così che da oggetto di desiderio, abusata da loschi pitbull che rispondono all’inquietante nome di Tyson e Monzón, sfruttata dal manager, la splendida Regina tornerà a casa per la gioia di un sempre più depresso Platone, restio a far coppia con chiunque altra (cagna..) paralizzato sotto il peso della sua irrilevanza e della iperfichettaggine dell’amata, ritratta sulle più patinate riviste.
La Mazzucco dispiega tutta la sua abilità linguistica ed immaginativa a ricreare attorno alla vicenda un variegato mondo animale di irresistibile forza e tenerezza rappresentativa, come nella migliore tradizione della favolistica da Esiodo in poi.
Senza appesantimenti da psicologizzazione dei personaggi, apre varchi di freschezza con la pappagalla poliglotta che racconta la favola, una tartaruga gigante sciamana e, come tale, dispensatrice di tesori di saggezza e altruismo, tipo l’elegante
” la forma è solo apparenza”,
un più prosaico ma fulminante “gli elettrodomestici non devono essere intelligenti”,
un colto riferimento ad Anubi “Anche i cani possono essere dei”,
e soprattutto una considerazione finale da raccogliere come un talismano per il 2013:
“Che vale avere doni se non si condividono?”
Già, che vale??
Piacevolissime nel loro colorito immaginifico minimalismo le illustrazioni di Alessandro Sannahttp://www.alessandrosanna.com/