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John Gabriel Borkman di Henrik Ibsen. A proposito di finanza e finanzieri.

2012/10/22 - Letteratura, Teatro di: MG Colombo
John Gabriel Borkman di Henrik Ibsen. A proposito di finanza e finanzieri.

Strappato al clima Gothic nel quale Ibsen lo aveva contestualizzato, John Gabriel Borkman di Maccarinelli non perde la sua tracotanza machista e, perinde ac cadaver, sostiene il primato del suo egoismo.

Il solo verso il quale mi riconosco colpevole sono io stesso“, dice, rifiutandosi di prender atto di esser stato la causa non solo del disastro economico di parenti ed amici, per non parlar dei clienti, ma di aver devastato le vite di suo figlio, moglie e cognata.

 

Nato per sua sfortuna in uno stato (Norvegia) che i bancarottieri li allontana dagli incarichi e li mette subito in galera, Borkman si fa otto anni di carcere, altri otto anni di clausura a meditare, non sia mai come riabilitarsi, ma come riappropriarsi del suo sogno plutocratico.

Ancora una grande prova di denuncia della borghesia ottocentesca a tre anni dalla morte, da parte di Ibsen, implacabile nel rappresentare la desertificazione dei sentimenti.

Sarà che le vicende patrie ci hanno reso particolarmente aggressivi e cinici verso questo genere di personaggi, ma le dichiarazioni di intenti di Borkman, nella lucida interpretazione di Popolizio, seppur vecchio e cadente generano nel pubblico non solo disprezzo ma addirittura ilarità 

Massimo dinnanzi agli altri personaggi, che, travolti dalla sua furia di potere, ne hanno avuto le vite devastate, come ottimamente rappresentato da Lucrezia Lante della Rovere e Manuela Mandracchia, sorelle al centro di una vicenda che largamente anticipa certe intricate soap-operas.

 Teatro Eliseo

16 ottobre | 4 novembre 2012

di Henrik Ibsen
nuova traduzione di Claudio Magris

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