” Lo studio del latino si è estinto perché il latino era diventato una “lingua morta” che non poteva più essere usata per dire niente. Era un affascinante anacronismo. Oggi la lettura di opere letterarie a scuola sta facendo lentamente la stessa fine. “E allora?” – sembrano pensare gli studenti – “Tanto non mi servirà mai a nulla!” La letteratura è stata rimpiazzata dalle “attività di alfabetizzazione”, che sono interattive e anche on line, per “coinvolgere gli studenti di oggi”. Nessuno potrebbe sostenere che l’alfabetizzazione non sia una capacità essenziale nella vita – uno ne ha bisogno per decodificare le istruzioni di un bancomat così come per leggere il titolo di un video su YouTube – ma la lettura continuata di testi di molte pagine sta diventando rapidamente obsoleta, proprio come il latino.
Siamo approdati nel mondo dei tre minuti. Tutto ciò che richiede più tempo non ne vale la pena. Questa è la misura della nuova capacità di attenzione. Allo stesso tempo la lunghezza dei materiali che gli studenti sono tenuti a leggere a scuola aumenta parallelamente al loro uso degli schermi. Nei primi due anni del liceo i programmi iniziano a includere lo studio del romanzo e man mano che si sale di grado scolastico è richiesta la lettura di testi significativamente più lunghi e più complessi.
Quando un insegnante propone un romanzo attuale, la prima cosa che gli studenti chiedono è: “Ne hanno fatto un film?” In caso contrario, la tappa successiva è SparkNotes, un sito web che offre un breve riassunto della trama. Oggi leggere la letteratura non significa leggere un libro, ma leggere quello di cui parla il libro. La letteratura per uno studente di oggi ha un formato noioso. Anche se trasferisco il libro sul mio iPad, restano comunque da decifrare le pagine e pagine di scarabocchi neri su sfondo bianco. I romanzi non hanno suoni né scelta di immagini. Dopo aver letto la prima pagina, devo andare a pagina due e poi ci sono centinaia di queste pagine. Per una mente che si è formata nel cyberspazio cosa può esserci di più noioso?
Prima dell’avvento del microchip i bambini dovevano spegnere solo la TV. Oggi hanno tutti i tipi di gadget a disposizione e sono circondati costantemente da ronzii e lampeggimenti non solo nei salotti e nelle camere da letto, ma anche nelle loro tasche e borse. Lo smartphone ha messo loro l’intero cyberspazio nel palmo di una mano, accessibile ovunque e in qualsiasi momento (compresa la classe).
Di fronte a questa nuova realtà, abbiamo due scelte: tornare a come era o adattarci al cambiamento. Io non ho molta fiducia nell’opzione retromarcia. L’età della stampa è terminata. Siamo entrati in un mondo visuale ad alta velocità e lo studio delle materie letterarie subisce il cambiamento più di tutti gli altri. Qual è il nostro lavoro lì? La letteratura ha ancora un posto nei programmi di studio? Come rapportarsi alle nuove modalità di fruizione dei libri, dei film e della stessa rete?
In origine il sistema operativo della narrazione era orale e il sistema di archiviazione di massa era la memoria. Poi è arrivata la tecnologia della scrittura narrativa che si è trasformata in quello che oggi chiamiamo letteratura; il sistema operativo della scuola si è costruito quindi intorno all’alfabetizzazione alla lettura, finalmente alla portata di tutti. Ora stiamo entrando in una specie di nuovo Medioevo: allora lo studio delle grandi opere era portato avanti da piccoli gruppi di monaci nei monasteri e oggi è affidato a pochi studenti laureati rannicchiati nei loro studi.
Ma forse la letteratura non è un percorso obbligato. Potremmo praticarla ancora nelle scuole con gli studenti a cui interessa davvero, ma la scuola del futuro sarà costretta ad adattarsi alla nuova realtà del cyberspazio. La scuola attuale e i suoi processi di apprendimento sono il prodotto di una cultura basata sulla stampa, in cui nulla era più apprezzato e premiato della capacità di comprendere ed elaborare il testo. Ma con un numero sempre maggiore di bambini questo approccio non funzionerà più.
“Io ho intenzione di diventare un designer di videogiochi!” – si lamenta uno dei miei studenti di quinta superiore – “Non ho bisogno di essere in grado di leggere romanzi o scrivere saggi.” Però, per come funzionano le cose al momento, per ottenere l’ammissione a un corso di progettazione di videogiochi in un tradizionale indirizzo informatico, si deve avere anche un buon voto in lettere, almeno quel “più che sufficiente” che quasi tutti i corsi post-diploma richiedono. Per ottenere quel voto è necessario essere bravi a leggere libri spessi e scrivere saggi lunghi. Il fatto che tu sia un mago del computer, uno che può già progettare videogiochi, non ti aiuterà se non hai anche i titoli scolastici giusti.
Ci sono due modi per risolvere questa tensione: il primo è abbassare gli standard delle competenze letterarie in modo che il povero ragazzo possa andare a fare quello che veramente gli interessa, cioè progettare videogiochi; il secondo è interrompere lo studio obbligatorio delle materie letterarie al raggiungimento dello standard di “appena sufficiente”. Per molti ragazzi, andare oltre significa che l’unica cosa più che sufficiente che impareranno è odiare ancora di più le materie letterarie.
Molti studenti sono estremamente portati per una specifica materia, ma invece di essere messi in grado di concentrarsi su tale capacità, sono tenuti a fare bene in materie in cui hanno poco interesse. L’insuccesso li scoraggia e divora la loro fiducia in se stessi; il risultato è che ai livelli più complessi dello studio si sentono incapaci e confusi. Se il giovane mago dei computer (o attore o cuoco o stilista) viene messo in condizione di buttarsi nella sua passione sin da subito, sarà di certo più felice e otterrà il meglio da quell’ambito.
Non sto chiedendo l’abolizione dello studio della letteratura, né il suo indebolimento, e non sto certo suggerendo che sia irrilevante. Auspico solo una maggiore possibilità di scelta. Forse una sola taglia non va bene per tutti. Forse potremmo cambiare il sistema scolastico. Si potrebbe consentire una maggiore diversità di percorsi educativi e orientamenti che richiedano meno prerequisiti arbitrari. Al momento il nostro sistema scolastico impone agli studenti una formazione generalista fino ai loro ultimi due anni di scuola superiore. La scuola del futuro potrebbe consentire una maggiore specializzazione anche da prima. Invece di un diploma generico, perché non considerarne uno specializzato in arte, matematica, scienze o – magari – in letteratura? La letteratura non morirà mai, ma se continuiamo a usarla come alimentazione forzata per i ragazzi del cyberspazio, la sua integrità ne soffrirà sicuramente“.
???Che ne pensate???
http://www.thestar.com/opinion/editorialopinion/article/1257204–literature-is-the-new-latin
2 thoughts on “” Literature is the new Latin” così Michael Reist”
Michael Reist conosce bene i ragazzi e sa che non hanno nessuna intenzione a sacrificare i propri interessi a causa di un ostacolo. Nei paesi anglosassoni ci si specializza fin da piccoli, quindi la cultura generale che è sempre stata la ricchezza del nostro sapere non ha più valore in un mondo dove è richiesto un sapere specifico. Purtroppo la letteratura fa parte di quei valori aggiunti che crea ricchezza non solo a coloro che ne hanno un ritorno economico, ma soprattutto a chi si relaziona con se stesso e con gli atri con un linguaggio ricco di idee e di pensieri passati e presenti, a chi voglia costruire un futuro che non sia fatto solo di numeri e di immagini. Forse creare il momento dello scambio di idee al posto dell’ora della lettura si arriverebbe alla necessità
della lettura stessa.
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