Se ne va in un momento in cui, per sinistro contrappasso dantesco, viviamo il totale ribaltamento delle magnifiche sorti e progressive, di quel mondo di cui era stata scintillante icona.
Ripensare quell’epoca, oggi è fonte di mostruoso imbarazzo.
Erano gli anni settanta-ottanta.
Yuppie si diceva e spensieratamente si cantava con lei ” She works hard for the Money”.
Interprete e autrice di decine di brani che hanno marcato un’epoca, fu vittima, come spesso capita, del suo successo che la (re)legò al ruolo di musa di disimpegnate cause.
Santino di inarrestabile rampantismo, tutta lustrini, tacchi 12, presenza patinatissima, ma anche vincitrice di 5 Grammy Award.
Regina delle più esclusive scintillanti discoteche ove la sua magnifica voce si prestava a raccontar il futile di un’epoca , ma anche ospite, per l’indiscutibile potente fascino della sua voce, dei più prestigiosi palcoscenici mondiali.
Sono curiosamente sobbalzati gli osservatori con paraocchi, vittime delle loro semplificazioni, quando, nel 2009, Obama la volle a Stoccolma per la cerimonia dell’assegnazione del premio Nobel per la Pace.
Una donna inerme alla fine, colpita come tante dal 11/9, ovvero cancro ai polmoni da caduta di Torri Gemelle.
Anche in questo testimone del suo tempo.