Storie di conti e visconti, villani e postriboli.
Non è vero che ” non c’era spazio per i poeti quella mattina”: un inaspettato squarcio di leggerezza, fuor dall’ orrida tenaglia della Manovra Agostana, mi è venuto dal racconto Il Cane Del Santo di Lele Lampione, beccato su segnalazione della Lipperini su Repubblica 13 Agosto.
Subito si è presi dalla favola, che, con calviniana ironica grazia fa crescere attorno al lettore boschi frondosi ricchi di selvaggina, che con animalesca astuzia, si sottrae al rito della caccia padronale.
Ecco i soliti idioti potentati, gli smagati plebei caustici quanto basta (‹‹Oggi si stanno impegnando. Guarda un po’ che polvere alzano›› a proposito dei padroni intenti alla loro dominante occupazione , la caccia appunto) .
All’ombra dell’immancabile bordello, vero fulcro della vita sociale della contrada, regina la bellissima Lia, antesignana della Bocca di Rosa di De Andrè, si abbatte un inaudito evento: la chiesetta di Riozzo misteriosamente crolla e sotto le macerie vengono trovati gli abiti della bella Lia, incontrastata benefattrice e dell’altrettanto bel prete in odore di santità ed altro. Dei due nessuna traccia ….
Il gioco diventa inarrestabile, condito dalle gustose spiegazioni che la fantasia popolare tesse intorno all’evento, col perfetto meccanismo della favola volto a spiegare l’inspiegabile. .
Mentre il bordello viene ribattezzato “di Santa Lia”, si cerca il celebre pittore del Capanno, in frequente crisi di ispirazione e spunta anche il famoso rabdomante turco Mohamed Abdul Aziznei…..
Uno spasso, leggere per credere.
Il racconto si pùò leggere, scaricare, stampare da
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