Mah…………..chi ha la pazienza di arrivare alla 455° pagina di Canale Mussolini, inevitabilmente se lo chiede.
Ogun sa che il Clan è entrato d’autorità nel salotto buono della letteratura italiana per uno dei varchi nobili, il Premio Strega e dunque richiede particolare attenzione.
L’Autore ci consegna il suo lavoro con le brusche modalità che gli appartengono e ne hanno fatto una stella mediatica, da quando mandò Vattimo esattamente là dove state pensando.
Secondo canoni di voluminosa ancorchè romanzata documentazione , Pennacchi non si risparmia e non ci risparmia episodi, personaggi, che riassumono con minuzia esondante un’epopea nazional-popolare peraltro ormai ben conosciuta attraverso saggi, romanzi, film.
La novità è che l’Autore mette in scena, dotandoli dello stesso linguaggio della stessa rustica pragmaticità dello stesso pasticciato populismo degli stessi conati politici dello stesso assolutorio tono, conti e contadini, nonni e Mussolini, non aggiungendo, in verità, niente a quanto già si sapeva……
Ora, a mio parere, questo particolare uso del linguaggio familiare, di goldoniana musicalità e di immediata freschezza getta un’accattivante luce sul tutto, e finisce col mistificare in modo assai fastidioso una serie di episodi tremendi (assassinio Matteotti, campagna d’Africa, questione Ebrei, bombardamento S. Lorenzo…..).
Le proiezioni sul passato, rievocate dall’ immediatezza linguistica, a mio parere, tendono a banalizzare la schiacciante montagna di responsabilità dei crimini perpetrati da grandi e piccoli protagonisti , oltre che dai personaggi estemporaneamente rievocati ( si va da Nerone a Berlusconi, da Bottai a P. Nenni, da lord Baden-Powell a Andreotti, passando per le scelte strategiche che hanno sconvolto il ‘900. ..)
D’accordo non è un saggio, ma il messaggio che passa è che tutti facevano così e in nome del proprio utile tutto è affettuosamente simpaticamente giustificato.
Gli spacchi prospettici che si aprono all’attenzione del lettore sono infiniti e si muovono dal privato al pubblico, anche su sollecitazione di un timidissimo non identificato Interlocutore di pietra, tirato in ballo ogni tanto in nome di un’urgenza letteraria di cui mi è sfuggito il senso, e prontamente riportato in zona d’ombra e bacchettato ogni volta che tenta di interrompere il flusso ininterrotto dell’ io narrante, tuttologo di rispetto ( malaria, coltivazioni, gas venefici, pomodori, amorazzi del duce, strategie hitleriane….)
Sulle pagine soffia infrequente e terribile il vento della verità, non tanto perchè tutti parlanti in veneto-pontino, quanto perchè si lascia retoricamente al “vento del destino” la responsabilità di orribili accadimenti.
Insomma mi pare che Pennacchi non sappia sempre scendere nella tragica pelle dei suoi personaggi.
So dove mi candido ad essere mandata, indegnamente , visto il molto illustre predecesssore.
Leggo che Pennacchi candida al Nobel con la candida sicumera di chi la sa lunga…in tutti i sensi.