Con un lungo disincantato minore amarcord, che mescola storie personali e collettive, Lagioia racconta lo scontro mortale tra l’edonismo reganiano e la profonda provincia italiana………tutti con le ossa rotte, con conseguenze epocali irrisolte ( leggi orride cronache quotidiane………)
Complice questo cavolo di tempo, l’ho letto piacevolmente e velocemente, rivivendo una serie di eventi/EVENTI, squadernati con linguaggio vivace, leggero humor e capacità rappresentativa.
Mi è sembrato perder slancio narrativo nella parte finale, ove il protagonista sembra titubare tra la personale esistenziale esigenza di indagare sul passato e la sconsolata lucida percezione dell’inutilità dell’operazione, perdendosi e ripetendosi in maniera alquanto monotona.
Come non dargli ragione quando, in apertura del Cap12°, dice “C’è sempre qulalcosa di sbagliato nel rintracciare i vecchi amici”?.
Imperdonabile e incongruente con lo stile generale del libro la frase finale
” Non si perde quello che non si è mai avuto, non si ha quello che non si è mai perso”…… sic! …..c’è un esegeta?